Un nome una storia #1: NABAT - “Sono accusato di Nichilistaggio” - Radio Punk (2024)

Giovanni Corvi ci racconta le origini del nome Nabat, storica band oi! bolognese

“Un nome una storia” è una rubrica che approfondisce il significato e la genesi del nome di storiche band punk. In questo primo articolo vi raccontiamo dei bolognesi Nabat.

“«I Nabat […] sono la mia vita, cominciai con loro che non ero ancora ventenne, sono una parte della mia esistenza, e non ho mai avuto altre band al di fuori dei Nabat, e ci ho provato ma non ci sono mai riuscito, è un legame viscerale»”. Intervistato qualche anno fa, il fondatore e cantante dei Nabat Steno, racconta il suo rapporto con la band dopo aver ricordato la genesi del gruppo:

“«I Nabat nascevano più o meno nell’ottobre o novembre del 1979, e fu anche la data del nostro primo concerto, il gruppo era veramente nuovo, suonammo molto poco, circa una mezzoretta, concerto che si svolse al Cassero di Porta Santo Stefano»” (Messineo, 2015).

Da quell’autunno, post-’77 e pre-bomba, al Circolo “Camillo Berneri” sono successe tante cose a Bologna, al punk e ai Nabat: ma questa è storia.

Una storia forse meno nota è quella del nome che Steno e compari scelsero per la loro band. “Nabat venne chiamata la Confederazione delle Organizzazioni Anarchiche di Ucraina”, come ricorda Pier Carlo Masini nei suoi scritti in risposta alla voce “Anarchismo” della Grande Enciclopedia Sovietica,

“dal titolo del più importante organo di stampa della Confederazione che si pubblicava a Kursk (Nabat: “L’allarme”). Questa organizzazione, che cercò anche di unificare i vari raggruppamenti libertari in una Confederazione Anarchica Panrussa, fu uno dei bracci del movimento rivoluzionario in Ucraina. L’altro braccio fu il movimento di Machno, organizzatore dell’insurrezione contadina e strenuo difensore delle sue conquiste sociali” (Masini, 1965).

Il testo “La rivoluzione anarchica in Ucraina” di Arsinov si conclude con un capitolo che si propone di delineare i tratti in comune tra anarchismo e machnovismo, oltre al loro rapporto. “Quantunque il machnovismo sia nato e cresciuto indipendentemente, fuori dall’influenza delle organizzazioni anarchiche, il suo destino e il destino dell’anarchismo nella presente società russa sono uniti e strettamente interdipendenti. L’essenza stessa del machnovismo splendeva di luce anarchica e richiamava naturalmente l’anarchismo” (Arsinov, 1972). Il rapporto tra la rivoluzione anarchica in Ucraina e il primo punk delle teste rasate al riparo sotto i portici bolognesi è più presente di quanto si possa immaginare ed emerge dalle varie pubblicazioni sul punk del periodo: “Decisero di incarnare «il personaggio di Makhno. Makhno, era un politico era un militare, un generale, era un rivoluzionario» simbolo di un modo di lottare che «col nichilismo c’entra ben poco»” (Masini, 2019). Nestor Machno nacque nel 1889 in una famiglia di contadini poveri, aderì all’anarchismo dopo la rivoluzione del 1905 e in carcere venne influenzato dal teorico autodidatta Pëtr Arsinov. Venne rilasciato nel 1917 e ritornato nel suo villaggio natale nel sud dell’Ucraina organizzerà un movimento anarchico di contadini che occupò le terre. È proprio Arsinov a fornirne maggiori dettagli sulle relazioni del movimento guidato da Machno, verso il quale non risparmierà anche severi giudizi, e di quello anarchico.

“Questo intreccio fatale tra machnovismo e anarchismo cominciò verso la metà del 1919. Nell’estate del 1920 divenne in Ucraina più profondo per la contemporanea aggressione dei bolscevichi contro machnovisti e anarchici; e ancor più evidente nell’ottobre del 1920, durante l’accordo politico-militare tra machnovisti e autorità sovietiche, quando i machnovisti come prima condizione dell’accordo posero la liberazione dalle carceri d’Ucraina e della Grande Russia di tutti i machnovisti e di tutti gli anarchici e il riconoscimento a costoro del diritto a confessare e propagandare liberamente idee e concezioni” (Arsinov, 1972).


Una delle più esaustive descrizioni dell’odissea degli anarchici in Russia è stata scritta dall’intellettuale anarchico Volin, che ricorda come i successi ottenuti da Machno nell’organizzare e dirigere la campagna militare rappresentano un episodio quasi unico che verrà eguagliato solo in Spagna nel 1936-37.

“La Confederazione delle Organizzazioni Anarchiche dell’Ucraina Nabate fu un’importante organizzazione che venne creata verso la fine del 1918, in Ucraina ove, a tale epoca, i bolscevichi non erano ancora riusciti a imporre la loro dittatura. Si distinse, soprattutto, per la sua attività positiva, concreta. Proclamò la necessità di una lotta immediata per le forme non-autoritarie della edificazione sociale, e si sforzò di elaborarne gli elementi pratici” (Volin, 1976).

Il nome della “Confederazione delle Organizzazioni Anarchiche di Ucraina” da cui i Nabat prendono il loro nome, tradotto significa “Allarme”, letteralmente “Campane a martello”, con cui probabilmente veniva suonato. Un’altra traduzione è quella di “Campane a stormo” che i Nabat utilizzeranno per denominare la loro etichetta, con l’acronimo C.A.S. Records, con cui produrranno i loro primi lavori oltre che le importanti compilation “Skin e punk = TNT” e “Quelli che urlano ancora”.

Facendo un balzo in avanti di sessanta anni dal subbuglio degli anni successivi alla Grande Guerra e spostandoci sulle latitudini del Pavaglione cerchiamo di ripercorrere l’iter che porterà i Nabat a non cerchiare le “A” del proprio logo, ma ad avere una freccia verso il basso in fondo al primo tratto verticale della “N”.

“Prima che la scena nella sua totalità divenga monoliticamente anarcocrassianpacifista eccetera Steno tira fuori quindi la storia del nichilismo. La denominazione che i transfughi dalla chiesa ufficiale del punk bolognese (ormai incarnata da Giampi e dai Raf) scelsero per sé, a mo’ di bucherellata bandiera, era significativa e romanticamente affascinante. Nichilismo: il nulla, l’azzeramento, l’ekpyrosis, il primo movimento rivoluzionario nella Russia zarista: dava l’idea di un qualcosa di cupo, segreto, sofferto, e violento” (Pedrini, 2003).

I Nabat erano «anarchici come loro [i Raf Punk], c’era solo la voglia di differenziarsi rispetto alla modalità, a come raggiungere i nostri scopi»” (Masini, 2019).

Oltre alle pagine scritte su saggi e testimonianze del punk, può essere utile sviscerare meglio le differenze tra il nichilismo riconducibile a Nietzsche, ispirato da Max Stirner, e quello russo ottocentesco. Questi ultimi vengono così definiti nel dizionario di politica:

“Nichilisti furono appunto definiti quei rivoluzionari-ribelli, in genere intellettuali, che operarono terroristicamente e attraverso la «propaganda del fatto» contro lo zarismo e la sua struttura dispotica di gestione del potere. I nichilisti si caratterizzarono, nei confronti degli altri movimenti più prossimi, come l’anarchismo e il populismo, per la loro polemica negativa contro ogni forma di costruzione sociale esistente, identificando cioè come obiettivo precipuo non soltanto lo Stato, il governo, la legge; […] ma soprattutto la composizione stessa della società, l’etica dominante, la cultura, la religione” (Bravo, 1976).

Un nome una storia #1: NABAT - “Sono accusato di Nichilistaggio” - Radio Punk (1)

In continuità con questa definizione possiamo allora rileggere il concerto dei Nabat all’Osteria dell’Orsa da Ordigni: “Violenti, negativi, i Nabat sembravano dominati e percorsi dalla voglia di fare qualcosa delle proprie vite e di imprimersi nella mente e nei cuori dei ragazzi sotto (anche sopra!) il palco. Vecchi pezzi tesi come molle, lanciati al mondo da un seminterrato del centro di Bologna. No armi. Fotti i poser. Nichilist Nabat. Senza soldi senza casa. Scenderemo nelle strade e, meglio di tutte, Nichilistaggio. «Sono accusato di nichilistaggio, sono accusato di aver perso il controllo, troppe volte colpivo nel segno e il mio nome faceva spavento». Lucido delirio da bombarolo, era un tributo ad anarchici insurrezionalisti, nichilisti della Russia zarista, alla gente che non si conformava, che marcava male, che era negativa (Pedrini, 2003).
Il brano Nichilistaggio nonostante sia una sorta di manifesto del periodo “proto-Nabat” appare solo nella tape condivisa con i Rip Off, “devo ammettere che i Nabat sbagliarono a non inserire questo brano all’interno del Scenderemo nelle strade EP ma in quel periodo si badava più a mettere in evidenza pezzi nuovi, e Nichilistaggio era pur sempre del primo periodo” (Nabat, 2007), verrà infatti re-interpretato e inciso in “Nati per niente” del 1996.
Accusati di nichilistaggio, i punk felsinei nichilisti rispondono sul numero 6 della loro fanzine “Sabotage” del 1981, con un articolo firmato da Grog Sottocultura.
Per noi ha ben poca importanza il fatto che il nichilismo è stato un movimento russo, nato verso il 1860. Con loro abbiamo in comune solo la dottrina del negativismo, (è un pessimismo portato all’esasperazione), dal momento che loro vivevano (poco) In Russia, e noi attualmente stiamo vivendo (male) In Italia; lottarono 100 e più anni fa, noi lottiamo oggi, loro lottarono con qualche speranza, mentre a noi è stata tolta ogni speranza e via d’uscita, e ci resta la continua paura di cedere. Altra cosa che ci differenzia dai nichilisti russi è il loro menefreghismo totale; noi non ce ne freghiamo, se siamo qui a lottare è evidente, usiamo tutti i mezzi a nostra disposizione, per infastidire, provocare, far capire ai fottuti che stiamo male, sputare la realtà. Non scoppieremo mai assieme a un ordigno in una banca, o luoghi simili […]. Diversamente dagli anarco-pacifisti noi punks nichilisti abbiamo accantonato ogni forma di speranza propinataci, illusioni, paraocchi, utopie che possono accecarci, per questo siamo stati accusati di cattiveria, falsità e superficialità” (Masini, 2019).

Nel suo saggio sul punk italiano e inglese Alessia Masini si concentra inoltre sui testi dei Nabat, evidenzia come la maggioranza fossero “incentrati sulla condizione esistenziale dell’individuo che poteva contare solo su se stesso per una via d’uscita dalla repressione – poliziesca, borghese, perbenista e paternalista”, sottolinea poi una “sfumatura” peculiare nelle liriche di Steno: “i verbi sono per lo più declinati al futuro, ad esempio «tu difenderti dovrai» (Potere nelle strade), «scenderemo nelle strade», «alza la testa e capirai» (Nabat combo), «skin e punk saranno uniti» (Skin e punk) «questo muro è alto ma potremmo anche abbatterlo, e una risata tutto quanto cambierà» (Tempi nuovi)” (Masini, 2019).

Volin, autore de “La rivoluzione sconosciuta”, fu colui che passando “alla redazione del giornale anarchico della regione di Brobov, “Nabate” (Campane a martello), che usciva a Kursk, fu tra coloro che prepararono la conferenza anarchica di Kursk. In questa conferenza egli ebbe una funzione essenziale: fu incaricato infatti di redigere una mozione ed una dichiarazione che potessero esprimere le idee delle diverse tendenze dell’anarchismo, e permettere quindi a tutti di lavorare in una sola organizzazione. Fu così che egli formulò la sua concezione della “sintesi anarchica”, terreno d’azione comune per gli anarchici sindacalisti, comunisti ed individualisti, che secondo lui, erano soltanto tre momenti ugualmente attuali dell’anarchismo” (Volin, 1976). Con le dovute forzature e correzioni, si può cogliere un’eco delle tesi di Volin nelle prospettive e nella mentalità dei punk nichilisti affini ai Nabat, che Pedrini espone e comprime tra le pagine di Ordigni.

“Bisognava fare fronte comune non solo con tutti i punk, ma anche con gli skin (di cui si iniziava a parlare), rocker, perché no, disgraziati delle periferie, ciò che restava dell’autonomia. Steno si rendeva conto che la forza era nel numero, oltre che nel vigore delle idee. […] Nichilista, punk rocker, e skinhead diverranno poi quasi sinonimi, nella Bologna punk dell’epoca. In realtà si trattava di attitudini differenti: solo che, nella chiesa di cui Steno era vescovo, ognuno poteva dire e fare quel cazzo che gli pareva. Poteva vomitare e spaccare bottiglie in via Marconi, sedersi e leggere un libro sulla Guerra di Spagna, andarsene a vedere gli Anna Falkss, cucirsi un paio di pantaloni con mille cerniere lampo, camminare minacciosamente in gruppo, guardando male i passanti. Poteva addirittura cercare di assomigliare agli skin che si vedevano sulle copertine dei primi dischi Oi! e andare allo stadio, poteva essere un autonomo, o un fuori testa raccattato per strada. Il tempo avrebbe detto se valevi qualcosa” (Pedrini, 2003).

Chissà quante sono le parole che sono riuscite ad attraversare nazioni e secoli, spaziando tra i contesti più diversi, e sulle quali si sono stratificate così tante sfumature. Chissà quanti bombaroli russi piccolo-borghesi si sarebbero immaginati che il loro immaginario sarebbe rivissuto tra le pieghe delle sottoculture occidentali dei figli della classe operaia di San Donato. Chissà se gli anarchici che auspicavano l’unione delle varie tendenze del movimento libertario ucraino avrebbero mai scommesso che skins e punks da sotto i palchi avrebbero gridato «Fate i Nabat!» a qualunque band si stesse esibendo.
Ma per fortuna ogni tanto i pronostici si ribaltano… possiamo così goderci qualche buona sorpresa e una più che meritata accusa di nichilistaggio!

Articolo a cura di Giovanni Corvi

BIBLIOGRAFIA:

Arsinov Pëtr (1972), La rivoluzione anarchica in Ucraina. Storia del movimento Machnovista (1917-21), Sapere Edizioni.

Bravo Gian Maria (1976), Il nichilismo russo, in Dizionario di politica (diretto da Norberto Bobbio e Nicola Matteucci), Utet.

Masini Alessia (2019), Siamo nati da soli: punk, rock e politica in Italia e in Gran Bretagna (1977-1984), Pacini.

Masini Pier Carlo (1965), Risposta ai redattori della voce “Anarchismo” per la Grande Enciclopedia Sovietica, Edizioni RL.

Messineo Turi (2015), Black Hole. Uno sguardo sull’underground italiano, Eris.

Nabat (2007), Archivio Vol. 1 (Booklet), Ansaldi Records.

Pedrini Riccardo (2003), Ordigni: storia del punk a Bologna, Castelvecchi.

Volin (1976), La rivoluzione sconosciuta, Edizioni Franchini (2 voll.).

***nota: Macho e Nabat possono comparire scritti anche in altri modi (Makhno e Nabate). Le parole sono state lasciate come ritrovate nelle rispettive fonti.

Questo articolo è un inedito scritto da Giovanni Corvi per Radio Punk, frutto di diverso tempo di ricerca e di lavoro. La sua condivisone è libera ma se lo vuoi ripubblicare o citare scrivici a info@radiopunk.it

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